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Autore Gli invasati
DeadSwan

Reg.: 05 Apr 2008
Messaggi: 1478
Da: Desda (es)
Inviato: 11-05-2008 17:50  
"Gli invasati" (The haunting) di Robert Wise (1963)

Hill House e' una vecchia casa del New England, costruita da una persona eccentrica ed autoritaria ossessionata dal senso peccato; una dimora con una storia di morti drammatiche e misteriose, e che ha fama di essere infestata. Il dottor Markway, studioso di fenomeni paranormali, decide di fare un esperimento rinunendo in questa casa alcuni individui che hanno avuto esperienze "particolari". Dei convocati si presentano solo Theodora, sedicente 'sensitiva', e Nell, donna repressa e problematica, segnata da una vita passata ad accudire la madre malata. Con loro c'e' Luke, scettico nipote della padrona di casa.
Presto cominciano a manifestarsi strani fenomeni, e si viene man mano a scoprire che al centro di essi c'e' Nell, persona molto piu' inquietante di quel che pare.
Wise era uno dei registi della scuderia di Lewton, produttore negli anni '40 di alcuni straordinari esempi di 'horror suggerito', basato piu' sulle atmosfere che su mostri e sangue. Tra essi "Il bacio della pantera" di Tourneur e "Il giardino delle streghe" dello stesso Wise. Questi dedica questo film al suo mentore Lewton, scomparso da poco, e realizza una summa del suo stile, che e' anche uno degli horror piu' belli che abbia mai visto.
La tensione non e' data solo dalle atmosfere, dalle luci, dalle scenografia. In modo abbastanza inedito in questo genere di film, sono i caratteri e le tensioni tra i personaggi il motore primo del generarsi della paura. Nessuno di loro e' particolarmente limpido, il dottor Markway, sotto l'apparenza dello studioso saggio e aperto cerca in realta' nel soprannaturale una via di fuga dalla banalita' quotidiana, Theodora e' una anticonformista ma sostanzialmente sconfitta. Il piu' 'puro' alla fin fine e' il gaudente e farfallone Luke. Ma a campeggaire e' la figura di Nell (una bravissima Julie Harris), che alterna a paura e remissione scatti d'ira, che e' ossessionata dal suo passato, dal senso di colpa per aver lasciato morire la madre, una repressa che vede in quell'avventura inquietante una sorta di 'liberazione' e di fuga gioiosa... e che si lascia ammorbare lentamente dal luogo. Straordinaria l'idea di commentare l'azione attraverso il suo monologo interiore, che sulle prime ci fa essere in empatia con lei, ma poi ci sposta pian piano nel suo stato mentale alterato, mostrando l'orrore che arriva a dominare il campo e a diventare normalita'. E cosi' passiamo dall'aver paura 'per' lei ad aver paura 'di' lei. Tensioni sessuali, ossessioni religiose, senso puritano e voglia di trasgressione fanno da filigrana a questa vicenda.
Altra grande protagonista e' la casa: la straordinaria scenografia, omaggio al gotico, rapprensenta un luogo lussuoso, pulito, ma inquietante (giustificando cosi' sia il disgusto degli altri che l'attrazione di Nell). I mobili, i muri, gli angoli, gli spazi, prendono vita sotto i nostri occhi, anche grazie ad un uso eccezionale della macchina da presa, e presto Hill House diventa piu' di un set: diventa uno dei piu' (in)credibili mostri cinematografici di tutti i tempi. Un labirinto dove tempo e spazio non contano, dove nulla e' come sembra, dove i nostri occhi e le nostre orecchie sono i nostri maggiori nemici. Ed e' notevole come Wise ottenga questo effetto senza nessun effetto speciale, solo muovendo l'obbiettivo ed illuminando nella maniera piu' efficace lo spazio.
La tensione e' costruita in un modo che persino un Hitchcock avrebbe sottoscritto. Momenti di tensione e di distensione si alternano sapientemente. Quando ci si comincia ad abituare alle stranezze della casa, Wise smette immediatamente di insisterci, le da per scontate, e trova subito il modo di colpirci con ancora piu' forza. Ed in questo, il climax massimo forse non e' neppure nella sequenza finale (anche se e' quella psicologicamente piu' 'piena' e complessa), ma in quella sequenza notturna in cui Nell al buio e' terrorizzata dal suono di una bambina che soffre, e quando si riaccende la luce si accorge di aver stretto la mano di... nessuno.
Secondo me, il film fondamentale del genere gotico tra "La maschera del demonio" (1960) e "Rosemary's baby" (1968), e degno di stare a fianco di questi due monumenti.

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Dresda, Sassonia, Germania
Se non riesci ad uscire dal tunnel, almeno arredalo

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badlands

Reg.: 01 Mag 2002
Messaggi: 14498
Da: urbania (PS)
Inviato: 14-05-2008 13:36  
sono mesi che cerco il dvd italiano,alla fine mi prenderò quello import.vidi il film anni fa e mi piacque un sacco,ma lo ricordo troppo poco(anche se recentemente ho letto il libro da cui è tratto).nella tua trilogia del gotico,davvero clente,mi permetto di aggiungere anche lo strepitoso suspense di jack clayton
ciao!

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Richmondo

Reg.: 04 Feb 2008
Messaggi: 2533
Da: Genova (GE)
Inviato: 14-05-2008 13:51  
Ti ho già risposto di là.
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E' meglio essere belli che essere buoni. Ma è meglio essere buoni che essere brutti.

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DeadSwan

Reg.: 05 Apr 2008
Messaggi: 1478
Da: Desda (es)
Inviato: 14-05-2008 17:15  
quote:
In data 2008-05-14 13:51, Richmondo scrive:
Ti ho già risposto di là.



Almeno tu mi dai soddisfazioni.
Dammene qualche altra e copincolla di qua.
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Richmondo

Reg.: 04 Feb 2008
Messaggi: 2533
Da: Genova (GE)
Inviato: 15-05-2008 10:56  
Giusto per portare avanti un topic che merita, soperando di avere più risposte:
conosciamo bene il gusto di Wise per l'occulto, ma anche per l'occultamento, per cui gran parte del suo Cinema gode proprio della dicotomia tra credibile (captabile) e inverosimile (impalpabile). Tu hai citato Hiotchcock, per quanto riguarda quella tensione che scaturisce proprio dall'incertezza e dall'ambiguità, sottolineando come anche il maestro del brivido approverebbe una simile regia. Io penso addirittura che il ruolo degli oggetti, dei luoghi o del dettaglio dei luoghi (le scale - che tanto ricordano gli equilibrii azzardati della mdp sopra di esse che avviene in Psycho : non per nulla anche qui c'è un monologo pensato) sia frutto di un interscambio di suggestioni fra i due registi (voluto o meno, non ci interessa) che muove dal medesimo retroterra concettuale della "paura". Un pensiero che, però, hai già perfettamente descritto tu. E direi che non c'è nulla da aggiungere, se non, appunto, che forse in Wise quella rappresentazione quasi imbarazzante dell'eleganza suona come la perfetta raffigurazione di un male che si semina fra i rovi ma che sboccia fra le rose. Mi vengono in mente, così, le ambientazioni popolari e sanguigne che fra osterie e strade buie vedono viaggiare il "carro della morte" guidato dal perfido Gray; a cui seguono le fosche riprese dentro lo studio e l'abitazione di Mc Farlane, con la cinepresa che continua a preferire la dimensione dell'incerto, evitando di varcare i confini che una tenda svolazzante (forse una quinta teatrale) cela con la sua segreta onniscenza, per nulla disposta a spartire con il prossimo il senso del mistero (: le origini del male) - con magnifiche inquadrature acquatiche (la morte sotto una lente liquida), riprese poi da Annaud nella rappresentazione del cancro maligno che si espande in un corpo all'origine puro, dal titolo Il nome della rosa (presa in prestito dalla letteratura di Eco) - che questo pioniere del Cinema della paura descrisse con la stessa maestria in un altro suo grande capolavoro: La iena - l'uomo di mezzanotte .

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L'amico Fritz diceva che un film che ha bisogno di essere commentato, non è un buon film . Forse, nella sua somma chiaroveggenza, gli erano apparsi in sogno i miei post.

[ Questo messaggio è stato modificato da: Richmondo il 15-05-2008 alle 10:59 ]

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